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Cosa significa "Contemplazione"

Unità lessicale composta da due parole

cum = con, unione, assieme, contemporaneo.

templum = spazio del cielo, sguardo, tempio.

Unite: stare con Dio, stare nel cielo di Dio, stare consapevolmente nel tempio celeste di Dio con il Cuore, l'Anima e la mente.








 

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Indice


Cos'è la contemplazione

Origini della contemplazione

Contemplazione nella preghiera, la preghiera contemplativa

Differenze tra meditazione e contemplazione 

Contemplazione acquisita

Contemplazione infusa

Antonio Maria Sicari: "Cos'è la contemplazione"

Antonio Maria Sicari ODC "Preghiera Contemplativa e il mettersi all'ascolto di Dio"

Santa Teresa D'Avila «Cercati in Me» e «CercaMi in te».

Deuteronomio 6,4-9

 

 

 

Cos'è la contemplazione cristiana

 


Nel cristianesimo la contemplazione è strumentale alla relazione intima con Dio ed è all'origine dei sette doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio. 

La relazione unitiva con il Padre Celeste ha origine nel silenzio del Cuore, da mantenere permanentemente con passione. È così che scopriamo che Egli nutre davvero del Suo Amore, l'Amore del Padre Celeste apre alla verità, alla visione profetica, consola offrendo Gioia e Pace soprannaturali superiori agli eventi della vita. Attraverso la contemplazione permanente dell'Amore del Padre Celeste sono stati scritti i libri Sacri, è così che hanno agito i profeti e i santi. Ecco come ne parla Gesù nel sui due comandamenti che Egli definisce i più importanti:

 

«Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».



 

 

 

Origini della contemplazione

La contemplazione è via di unione spirituale mistica, mentre la meditazione è via di perfezione. Dal dizionario di mistica attingiamo le informazioni e la versione ufficiale la troviamo nel sito della Congregazione per il Clero un pregiato testo di L. Borriello, E. Caruma, M.R. DEL Genio, N. Suffie consultabile nel relativo web. Per un approfondimento di qualità si consiglia vivamente la lettura integrale del testo: http://www.clerus.org/clerus/dati/2000-02/29-2/mcoco.html#N

La contemplazione è trattata dalla filosofia precristiana. Nel neoplatonismo, in filosofia, si utilizzava la parola Theoria, il termine assumeva un valore più "razionale", l’atto del pensiero che produce intuizioni razionali. Successivamente a Plotinio questa attività risulta essere più compresa come "intuizione". Successivamente al neoplatonismo con il cristianesimo divenne un riflettere dell’anima su di se per purificarsi e avvicinarsi a Dio. Successivamente al tomismo con l’intellettualismo azione dell’intelletto che genera l’Amore. O nel volontarismo da San Bonaventura e Dous Scoto (1308) Amore che genera Amore. Forma superiore di conoscenza, intuizione della verità. Riposo tranquillo su fatti e verità.

Altro, stare con stupore e meraviglia nel silenzio dinanzi al Mistero di Dio Padre che si manifesta nel Figlio per mezzo dello spirito. Non assenza di parole, ma pienezza della Parola e dell’armonia suprema, immersione nella “luminosità della comunione piena di Dio Trinità d’Amore”. Nella lingua ebraica la contemplazione è nominata nbt, tradotta in scavo, scavare verità più profonde scavando nella realtà, nel nucleo si trova il istero “Contemplate e sarete raggiunti” Sal 34.6. Vedere ciò che non è visibile agli occhi della ragione, la contemplazione non elimina la ragione, ma oltrepassa.

 

Contemplazione nelle Sacre Scritture

Vi sono nella Sacra Bibbia importanti versetti che narrano della relazione tra uomo e Dio. Nella Bibbia il Padre Celeste è detto: “Colui che è”.

 

Abramo

  • Visita dei tre Angeli a Mamre cf Gn 18,1-15
  • Culmina con il sacrificio di Isacco cf Eb 11,8
  • Avendo rinunciato a tutto ritrova tutto cf Gn 26,5
  • La lotta non consapevole con Dio cf Gn 22
  • Stabilito padre dei credenti cf Rm 4,16-22

 

Giacobbe nipote di Abramo

  • Per vedere Dio occorre lottare faccia faccia e restare in vita cf Gn 32,31

 

Mosè

  • Incontro con Dio cf Es 3,1-6
  • Egli persino discute con Dio cf 3,11-18
  • Sul Sinai cf Es 19
  • Alleanza cf Es 24,1-8
  • Mosè chiede di vederlo cf Es 33,12-33
  • Apparizione sul Sinai cf Es 34,1-9
  • Rinnovo dell’Alleanza cf Es 34,10-16
  • Discesa dal Sinai col volto raggiante di luce cf Es 34,28-35

 

Altre citazioni

  • Dio non è nel vento forte che spacca le rocce, non è nel terremoto o nel fuoco ardente, ma è, secondo il testo originale ebraico “in una sottile voce di silenzio” o “mormorio di vento leggero” cf 1 Re 19,9,15.
  • Apocalisse nella descrizione apre il settimo sigillo della storia, un’oasi che è grembo accogliente: “Si fece silenzio in cielo per mezz’ora”. Ap 8,1.
  • Nei profeti, nella racconto della vocazione di Isaia è narrata la contemplazione santa e tremenda di Dio cf Is 6,1-13, una difficile purificazione delle labbra. Lo scopo dei profeti è quello di intermediari tra Dio e Uomo per mezzo della contemplazione.
  • In AT l’atteggiamento di Giobbe, ora io ti vedo AT 42,5-6. Giobbe è arduo nel cercare di vedere Dio AP 23,3.
  • Dio Padre visto attraverso Gesù, nel Nuovo Testamento
  • Di contemplazione tratta Paolo nel NT. Egli usa il la nozione “conoscenza spirituale” (gnosis). Narra di una luce che entra dentro, lo Spirito trasformante in una vita nuova in Gesù. Cf Gal 2,20 .

 

Paola parla di:

  • conoscenza affettiva e sperimentale di Dio cf Ef 1,16-18.
  • del mistero di Cristo cf Ef 3,4.14-19
  • di una sapienza misteriosa per chi ama Dio, rivelata per mezzo dello spirito cf 1 Cor 2,7-12.

Tale sapienza è la fonte stessa proveniente dalla contemplazione di Dio, proveniente da Dio, che si nasconde e dimora nell’Amore. L’Amore prova di Gesù, Amore che dimora in Paolo.

 

Pietro parla di:

  • nesso tra Amore e Conoscenza di Dio 4,20-21.

 

Conoscenza perfetta è la meta ultima che avviene attraverso la comunione (contemplazione):

  1. mistica nel silenzio;
  2. orante nella preghiera;
  3. esistenziale nell’azione quotidiana;

 

L'uomo sa di essere realmente figlio dell'immenso amore di Dio Padre (cf 1 Gv 3,1). Sa di poterlo chiamare confidenzialmente " Abbà Padre! " (Rm 8,15) e la Bibbia con un gioco di parentele con Dio vuole rappresenta questo. Il Figlio l’ha rivelato e solo attraverso la comunione con il Figlio si può conoscere appieno Dio. Esiste un legame non estinguibile tra “Conosceza di Dio” “Fede” “Obbedienza al Suo progetto fondato da regole e comunione” (comandamenti e unine comunitaria). Il cristianesimo non mette in primo piano la contemplazione e la relazione con il Padre, questo non è lo scopo, mentre lo scopo primo del cristianesimo è la beatificazione la liberazione dal peccato. La contemplazione comunque può velocizzare la via della beatificazione e sostenere la carità che è un atto di Amore del quale la contemplazione fa esperienza.

 

 

Contemplazione nella tradizione cristiana

I Padri della Chiesa la chiamavano: theoria o contemplatio.
Essi ne traevano l’essenza dal Nuovo Testamento che la descrive con i termini greci gnosis, epignosis o il verbo gnonai che indicano la conoscenza intima, vitale, quasi sperimentale di Dio.

Clemente Alessandrino è il primo a parlare della contemplazione con il termine theoria, vertice della gnosis, conoscenza superiore di Dio.

La carità che unisce lo " gnostico " a Dio suo amico ha per fine la contemplazione

Origene è già in un'atmosfera più cristiana. anche se le sue opere risentono dell'influenza platonica; egli descrive l'ideale cristiano come una comunione dell'anima sposa con lo Sposo, come un'unione d'amore che genera una conoscenza affettiva: la contemplazione

Gregorio di Nissa annette un'importanza di tutto rilievo alla contemplazione

Cassiano, nel commentare la risposta di Cristo a Marta: " Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta " (Lc 10,42), scrive: " Vedete che il Signore stabilisce il bene principale, principale bonum, nella sola theoria, cioè nella contemplazione divina ".

Agostino la contemplazione è una conoscenza che nasce dall'amore di Dio e porta ad amarlo meglio: " Quando l'amore si porta su di un oggetto, anche se non ne conosceremo che una piccola parte, questo amore ce ne dà una conoscenza più piena e più perfetta ".

Ugo di S. Vittore ha scelto il termine contuitus per stabilire la prima definizione propriamente detta della contemplazione: " La contemplazione è uno sguardo dello spirito, contuitus, penetrante e libero, che abbraccia totalmente le realtà date a vedere ".

Riccardo di S. Vittore ha fatto sua questa definizione e ne ha data un'altra che vi s'ispira: " La contemplazione è un atto dello spirito che penetra liberamente nelle meraviglie che il Signore ha sparso attraverso i mondi visibili ed invisibili e dimora nell'ammirazione ".

Riccardo di S. Vittore fa un'esplicita distinzione tra ciò che più tardi si chiamerà contemplazione acquisita e contemplazione infusa.

Tommaso insegna che l'atto della contemplazione procede dalla sapienza, distinguendone due generi: " La sapienza, che è dono, differisce dalla sapienza che è virtù intellettuale acquisita, perché questa si ottiene con lo sforzo umano, mentre l'altra "discende dall'alto", come dice s. Giacomo ".

Tommaso ha sottolineato le relazioni che intercorrono tra la carità, amicizia con Dio, e la contemplazione: " E proprio dell'amicizia vivere con i propri amici. Ora l'intrattenersi dell'uomo con Dio costituisce la contemplazione ".

La contemplazione di Dio stimola il nostro amore per lui e viceversa: " La vita contemplativa consiste essenzialmente in un atto dell'intelligenza, ma attinge la sua sorgente nella volontà, perché è la carità che stimola a contemplare Dio. E, come il fine corrisponde al principio, ne consegue che la vita contemplativa si completa e si consuma nella volontà. Si prova gioia a contemplare ciò che si ama e questa gioia che ci procura l'oggetto contemplato stimola ad amare ancora di più. Questa è l'ultima perfezione della vita contemplativa: non semplicemente vedere, ma anche amare la verità divina ".

Nell'atto contemplante, l'uomo viene unito alle divine Persone in uno scambio intenso di conoscenza e d'amore. In questo modo egli pregusta, qui ed ora, la vita eterna, la gloria dei beati in cielo.

Direbbe l'apostolo Giovanni: " Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo " (17,3).

Tommaso d'Aquino, alla fine, definisce la contemplazione " uno sguardo semplice sulla verità... che termina nell'amore ".

Giovanni della Croce, a sua volta, la definisce: " Scienza d'amore, la quale è notizia amorosa infusa da Dio che simultaneamente illumina ed innamora l'anima fino a farla salire di grado in grado a Dio suo Creatore, poiché solo l'amore è quello che unisce e congiunge l'anima a Dio ".

Occorre, dunque, osservare che nella tradizione cristiana la contemplazione non costituisce un fine in sé, è solo una mediazione per ottenere l'unione con Dio; ciò che conta in maniera incondizionata è la carità. Ad ogni modo, l'attività contemplativa, per quanto subordinata alla carità, gioca un ruolo importante nella vita cristiana. I grandi maestri dello spirito hanno sempre cercato di associare la contemplazione e la carità.

 

 

 

 

Contemplazione nella preghiera

 

Tentativo di definizione di preghiera contemplativa

La contemplazione è lo slancio naturale verso Dio Padre, il Figlio e lo spirito Santo. La natura è la nostra natura convergono a Dio. La natura e il creato sono “l’impronta di Dio”.

La natura quindi è un luogo che porta a Dio nella contemplazione. È mediazione per raggiungere Dio. San Francesco vedeva le origini della creazione nella Natura.

Tre le forme principali di contemplazioni:
1. La preghiera liturgica della Chiesa.
2. La preghiera contemplativa personale, meditativa, lectio divina (silenzio, lettura di testi sacri, meditazione, contemplazione).
3. La contemplazione mistica, contemplazione acquisita (o naturale) dopo una meditazione, contemplazione infusa, contemplazione passiva.

La contemplazione è un accogliere Dio interiormente per mezzo dello Spirito. Dio d’altro canto attira a sé sempre più profondamente.

Vita contemplativa e azione

Il cristianesimo è vita attiva, ma come dice Sant’Agostino, Gesù nella vicenda delle sorelle Marta e Maria la prima serviva a tavola, la seconda ad ascoltarlo il Signore Gesù, la prima è attiva la seconda è contemplativa. Egli sostiene Maria nel nutrimento dell’anima. Entrambe le attività Attiva e Contemplativa servono e sono complementari.

Il contemplare è un avvicinamento a Dio, la vita attiva apostolica è un portare Dio al mondo. Entrambe sono attività d’Amore.

L’aspetto trinitario nella vita contemplativa si svolge nel mistero della Trinità. Il contemplativo si rivolge a Dio Padre in unione con Gesù e attraverso lo Spirito Santo.

Impossibile separare natura divina e umana di Cristo. Giovanni evangelista dice “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv,14,9).

La contemplazione conduce alla purificazione come indica Giovanni della Croce nel passaggio delle anime contemplative in un periodo di notte oscura.

La purificazione avviene attraverso la contemplazione-amore di Gesù che ha dato se stesso per Amore.

Teresa d’Avila (Teresa di Gesù) e Giovanni della Croce i due maestri della contemplazione.

La contemplazione è consentire all’Amore di Dio di entrare in Noi. Egli amandoci ci colma del suo essere, delle sue caratteristiche delle sue virtù. È una comunicazione, comunione. La contemplazione è un donarsi tutto a Dio. Nella quiete e nell'azione.

La contemplazione pura consiste nel ricevere, la meditazione può preparare la contemplazione che a sua volta è preceduta nei principianti con la purificazione dei sensi, il sgombrare e dare spazio.

Essendo la contemplazione pura un ricevere è pura opera di Grazia divina, indipendente da noi. È Dio che sceglie e agisce.

Santa Teresa d’Avila distingue in questo modo meditazione e contemplazione. La meditazione è acqua che giunge da altri indotti artificiali, parole di altri dettate da Dio e l’ulteriore intermediazione del nostro intelletto. La contemplazione è acqua di Dio stesso che giunge direttamente.

San Giovanni della Croce narra come il nutrimento di Dio, senza l’intermediazione dell’intelletto che richiede la meditazione, attraverso la contemplazione direttamente nell’anima accresce lo spirito, l’Amore, la coscienza. Le potenze umane si accrescono non per forza propria, ma passivamente, l’intelletto cresce nello stesso modo.
E’ l’effetto dell’infusione divina.
È amore infuso che ha la capacità di alimentare tutto il reso dell’animo umano.
È una comunicazione d’Amore che si infonde nell’animo umano.

 

 

 

 

 

 

 

 

Differenze tra meditazione e contemplazione


Nella disciplina cristiana la meditazione è azione che nasce dalla mente cioè dall'intelletto, mentre la contemplazione è azione squisitamente dell'Anima. Teresa d'Avila dice "Chiamo meditazione un discorso fatto con l'intelletto", la meditazione è anche la preghiera verbale, o per esempio la meditazione della crocifissione di Gesù. Nella discipline orientali è uso considerarle all'opposto contemplare azione della mente, meditare azione prevalentemente nel silenzio dell'Anima. Il termine meditare ha origine latina meditari e l'origine è mediri "curare" rimanere a lungo sopra l'oggetto di un pensiero. Contemplare trae origine da due parole cum e templum permanere nel tempio, per cui significa stare nel tempio di Dio in forma spirituale, rimanere nell'unione con Dio.

 

Sono consigliati due meravigliosi libri di approfondimento teologico.

Il primo tratta dell'Unione con Dio per gradi: preghiera, meditazione, contemplazione scritto da Padre Konrad titolato La Preghiera
Il secondo Teologia Ascetica e Mistica di Padre A.Tanquerey tratta la via dell'ascesi verso Dio.

Ecco una serie di video lezioni brevi di introduzione alla differenza tra meditazione e contemplazione cristiane.

 

La contemplazione

 

 

 
 

 

La contemplazione in genere

 
 

 

Il passaggio dalla meditazione alla contemplazione

 
 

 

Preghiere contemplative

 
 

 

La contemplazione attiva e passiva

 
 

 

La contemplazione passiva

 
 

 

Perfezione della contemplazione

 
 

 

 

 

 

 

 

 

Contemplazione acquisita

 

Esistono tre tipi di contemplazione. La contemplazione cristiana è un disporsi ad una via "unitiva" con Dio in modo soprannaturale. Si distinguono almeno tre modalità la contemplazione acquisita, attiva e infusa.

Denominazione della contemplazione acquisita Viene chiamata anche contemplazione naturale, preghiera del cuore. Teresa d'Avila la chiama contemplazione di raccoglimento. Altri la chiamano semplice sguardo, di semplice presenza di Dio. Oppure "semplice vista di fede" perché l'anima fissa affettuosamente lo sguardo su Dio, si tiene alla sua presenza, s'abbandona nelle sue mani e con una semplice vista di fede lo guarda e lo ama.
Jacques Bénigne Bossuet Vescovo la descrive così:

"Bisogna abituarsi a nutrir l'anima con un semplice e amoroso sguardo in Dio e in Nostro Signore Gesù Cristo; a tal effetto bisogna dolcemente separarla dal ragionamento, dal discorso e dalla moltitudine degli affetti, per tenerla in semplicità, in rispetto, in attenzione, e avvicinarsi così sempre più a Dio, suo primo principio e suo ultimo fine... La meditazione è molto buona a suo tempo, e molto utile al principio della vita spirituale; ma non bisogna fissarvisi, perché l'anima, colla sua fedeltà a mortificarsi e a raccogliersi, riceve d'ordinario un'orazione più pura e più intima, che si può chiamare di semplicità, la quale consiste in una semplice vista, sguardo o attenzione amorosa in sè, verso qualche oggetto divino, che può essere Dio in se stesso, o alcuno dei suoi misteri, o altre verità cristiane. L'anima dunque, lasciando il ragionamento, si serve di una dolce contemplazione che la tiene quieta, attenta e capace delle operazioni e impressioni divine che lo Spirito Santo le comunica; fa poco e riceve molto; dolce è il suo lavoro, eppure più fruttuoso; e poiché ella si fa più presso alla fonte di ogni luce, di ogni grazia e di ogni virtù. glie se ne dà pure in maggior copia".

Adolfo Tanquerey la introduce nel suo libro di mistica così (http://www.casalanteri.it/Files/Tanquerey.pdf)
Quest'orazione comprende quindi due atti essenziali: guardare ed amare; guardar Dio o qualche oggetto divino per amarlo, e amarlo per meglio guardarlo.

Alfonso Maria de Liguori la definisce così
Consiste nel vedere in un semplice colpo d'occhio le verità che in precedenza potevano essere scoperte solo attraverso il discorso prolungato.

Francesco di Sales la introduce così
Un'attenzione amorevole semplice e permanente della mente alle cose divine

È un porre la propria Anima verso Dio e senza pensieri e parole amarlo permanentemente.

 

Adolfo Tanquerey consiglia di intraprendere questa strada, la contemplazione acquisita, unitiva con Dio se si è in possesso di tre requisiti:

  • la Purezza del Cuore;
  • il controllo di sè per conformare l'anima alle prerogative delle leggi di Dio, capacità di distaccarsi dalle leggi del mondo;
  • L'abituale bisogno di pensare a Dio.

 

Citazione dal libro di Adolfo Tanquerey nella quale analizza molti degli aspetti della "contemplazione acquisita" anche detta "Orazione di semplicità".

I. Natura dell'orazione di semplicità.

1364.   Bossuet descrisse molto bene quest'orazione:

"Bisogna abituarsi a nutrir l'anima con un semplice e amoroso sguardo in Dio e in Nostro Signore Gesù Cristo; a tal effetto bisogna dolcemente separarla dal ragionamento, dal discorso e dalla moltitudine degli affetti, per tenerla in semplicità, in rispetto, in attenzione, e avvicinarsi così sempre più a Dio, suo primo principio e suo ultimo fine... La meditazione è molto buona a suo tempo, e molto utile al principio della vita spirituale; ma non bisogna fissarvisi, perchè l'anima, colla sua fedeltà a mortificarsi e a raccogliersi, riceve d'ordinario un'orazione più pura e più intima, che si può chiamare di semplicità, la quale consiste in una semplice vista, sguardo o attenzione amorosa in sè, verso qualche oggetto divino, che può essere Dio in se stesso, o alcuno dei suoi misteri, o altre verità cristiane. L'anima dunque, lasciando il ragionamento, si serve di una dolce contemplazione che la tiene quieta, attenta e capace delle operazioni e impressioni divine che lo Spirito Santo le comunica; fa poco e riceve molto; dolce è il suo lavoro, eppure più fruttuoso; e poichè ella si fa più presso alla fonte di ogni luce, di ogni grazia e di ogni virtù. glie se ne dà pure in maggior copia".

Quest'orazione comprende quindi due atti essenziali: guardare ed amare; guardar Dio o qualche oggetto divino per amarlo, e amarlo per meglio guardarlo. Confrontando quest'orazione colla meditazione discorsiva o affettiva, vi si rileva una triplice semplificazione, che giustifica molto bene l'espressione usata di Bossuet.

1365.   1° La prima semplificazione è la diminuzione, poi la soppressione dei ragionamenti, che tenevano sì gran posto nella meditazione degl'incipienti. Obbligati ad acquistare profonde convinzioni e poco abituati del resto a pii affetti, avevano bisogno di lungamente riflettere sulle verità fondamentali della religione e sulle loro relazioni con la vita spirituale, sulla natura e sulla necessità delle principali virtù cristiane e sui mezzi di praticarle, prima di poter far scaturire dal cuore sentimenti di riconoscenza e d'amore, di contrizione, di umiliazione e di fermo proponimento, di ardenti e continuate preghiere. a) Ma viene poi il tempo in cui queste convinzioni si radicano talmente nell'anima, da far parte, a così dire, della nostra mentalità abituale, onde bastano pochi minuti per richiamarle alla mente. Nascono allora prontamente e facilmente i pii affetti di cui parliamo e l'orazione diventa affettiva.

1366.   b) Più tardi si fa un'altra semplificazione: i pochi minuti di riflessione sono sostituiti da uno sguardo intuitivo dell'intelletto. A quel modo che conosciamo senza difficoltà e per una specie d'intuizione i primi principi, così, quando abbiamo per lungo tempo meditato sulle verità fondamentali della vita spirituale, esse diventano per noi certe e fulgide come i primi principi, e noi, con uno sguardo complessivo, facilmente e giocondamente le afferriamo, senza bisogno di farne minuziosa analisi. Così l'idea di padre applicata a Dio, che a principio aveva bisogno di lunghe riflessioni per darcene tutti il contenuto, ora con un solo sguardo ci si fa così ricca e così feconda, che vi ci fermiamo sopra lungamente e amorosamente ad assaporarne i molteplici elementi.

c) Avviene anche qualche volta che l'anima si contenta d'uno sguardo confuso su Dio o sulle cose divine, che pure la tiene dolcemente e affettuosamente alla presenza di Dio e la rende vie più docile all'azione dello Spirito Santo; e allora, senza moltiplicare atti di intelletto o di volontà, s'abbandona a Dio per eseguirne gli ordini.

1367.   2° Pari semplificazione avviene negli affetti. Erano a principio numerosi, vari e in rapida vicenda: amore, gratitudine, gioia, compassione, dolore dei peccati, desiderio di far meglio, domanda d'aiuto, ecc. a) Ma presto un solo è medesimo affetto dura cinque, dieci minuti; l'idea di Dio Padre nostro, per esempio, eccita nel cuore un amore intenso che, senza esprimersi in molte parole, alimenta per alcuni minuti tutta l'anima, la penetra e vi produce generose disposizioni. Non basterà certo a occupar da solo tutto il tempo della orazione e bisognerà passare ad altri affetti per non cadere in distrazioni o in una specie d'oziosità; ma ognuno vi terrà posto così ampio da non doverli moltiplicare come per lo passato.

1368.   b) Tra gli affetti qualcuno finisce poi con dominare e tornar continuamente alla mente e al cuore; il suo oggetto diventa come quello d'una idea fissa, attorno alla quale gravitano certo altre idee ma poche e subordinate. Per gli uni sarà la Passione di Nostro Signore, coi sentimenti di amore e di sacrifizio che le si accompagnano: dilexit me et tradidit semetipsum pro me 1368-1. Per gli altri sarà Gesù vivente nell'Eucaristia che diverrà centro dei pensieri e degli affetti, onde ripeteranno continuamente: Adoro te devote, latens Deitas. Ci sono di quelli che vengono vivamente presi dal pensiero di Dio presente nell'anima e che non pensano che a glorificarlo in tutto il corso del giorno: "Apud eum veniemus et mansionem apud eum faciemus... templum Dei sanctum est, quod estis vos... glorificate et portate Deum in corpore vestro1368-2.

Questo fatto è molto bene spiegato dal P. Massoulié 1368-3: "Quando l'anima si fa a considerare che non solo ha l'onore di essere alla presenza di Dio, ma anche la fortuna di possederlo in se stessa, questo pensiero le fa viva impressione e la fa entrare in profondo raccoglimento. Ella guarda questo Dio di amore e di maestà e tutta l'adorabile Trinità che si degna di entrare in lei e abitarvi come in suo tempio. Lo guarda con somma compiacenza, gioisce di gaudio in possederlo e vi trova riposo ineffabile vedendo sodisfatti tutti i suoi desideri, quanto è consentito sulla terra: che cosa infatti può l'anima desiderare e sperare di più grande che posseder Dio?

1369.   3° Questa semplificazione si estende ben presto a tutta la vita: "La pratica di quest'orazione, dice Bossuet, deve cominciare fin dal primo svegliarsi, facendo un atto di fede in Dio presente da per tutto, e in Gesù Cristo, il cui sguardo, quand'anche fossimo inabissati nel centro della terra, non ci lascia mai". E continua per tutta la giornata. Pur attendendo agli ordinari doveri, uno sta unito a Dio, lo guarda ed ama. Nelle preghiere liturgiche e in quelle vocali si bada più alla presenza di Dio vivente in noi che al senso particolare delle parole, e si cerca prima di tutto di dimostrargli il proprio amore. Anche gli esami di coscienza si semplificano: si vedono con rapido sguardo le proprie colpe appena commesse e subito si detestano. Gli studi e le esterne opere di zelo si fanno in ispirito di preghiera, alla presenza di Dio, col desiderio ardente di glorificarlo, ad majorem Dei gloriam. Anche le azioni più comuni sono compenetrate di spirito di fede e di amore, onde diventano ostie frequentemente offerte a Dio, "offerre spirituales hostias acceptabiles Deo1369-1.

§ II. Vantaggi dell'orazione di semplicità.

1370.   Il grande vantaggio di quest'orazione sta in ciò che per lei tutta la vita è ridotta ad unità, accostandosi così alla vita divina, per la maggior gloria di Dio e pel bene spirituale dell'anima.

Dio è glorificato in tutta la giornata. Quest'abituale e affettuoso sguardo dell'anima a Dio, ce lo fa conoscere e amare meglio di tutte le considerazioni; uno dimentica se stesso e a più forte ragione dimentica le creature, o almeno non le vede se non in relazione a Dio, sotto l'influsso del dono della scienza, n. 1341. La vita quindi riesce un continuo atto di religione, un atto di riconoscenza e di amore che ci fa ripetere con Maria: "L'anima mia glorifica il Signore: magnificat anima mea Dominum".

1371.   2° Onde anche l'anima viene santificata. a) Concentrando per notevole tempo l'attenzione su una verità, ella impara a conoscer meglio Dio, ed essendo questo sguardo accompagnato da amore, lo ama di più intenso amore e si unisce a lui in modo più intimo, attirando così in sè le perfezioni divine e le virtù di Nostro Signore.

b) Allora il distacco riesce più agevole: quando si pensa abitualmente a Dio, le creature non ci appaiono più come scalini per salire al Creatore; piene di imperfezioni e di miserie, non hanno valore se non in quanto riflettono le divine perfezioni e ci ammoniscono di rifarci alla fonte d'ogni bene.

c) L'umiltà diventa più facile: al lume divino, si vede chiaramente il proprio nulla e i propri peccati, e si è lieti di potere, coll'umile confessione delle colpe, glorificar Colui che solo merita ogni onore ed ogni gloria: Soli Deo honor et gloria, mihi autem ignominia et confusio. In cambio di anteporsi al prossimo, uno si considera come l'ultimo dei peccatori, pronto ad amorosamente soffrire tutte le prove e tutte le umiliazioni.

Si può quindi in tutta verità dire che l'orazione di semplicità ci aiuta in modo singolare a glorificar Dio e a santificarci l'anima.

1372.   Soluzione delle difficoltà. a) A questo genere di orazione si fa talora rimprovero di fomentar l'ozio. S. Teresa così risponde a questa obiezione: 1372-1 "Ritornando a quelli che nell'orazione fanno ragionamenti, dirò loro di non impiegare in questo esercizio, per quanto sia meritorio, tutto il tempo dell'orazione. Trovando in ciò molto diletto, credono che non ci sia domenica in questo e tempo in cui non si abbia da lavorare. Tutto il resto, a loro giudizio, non è che perdità di tempo. Ebbene io tengo questa perdita per vero guadagno. Si mettano dunque internamente, nel modo che ho detto, alla presenza di Gesù Cristo, e, senza sforzi della mente, se ne stiano parlando con lui e godendo della sua compagnia; e in cambio di affaticarsi a ordinar ragionamenti, si contentino di esporgli i propri bisogni e di considerar le ragioni che Nostro Signore avrebbe di non soffrirci vicino a sè. Faranno però bene a usar varietà per tema che l'anima non si stanchi mangiando sempre uno stesso alimento. Quelli di cui parlo sono molto saporiti e giovevoli: preso che v'abbia gusto, l'anima vi trova pascolo sostanzioso e vivificante e molti vantaggi". L'anima infatti non vi resta mai in ozio; non ragiona più, ma guarda, ama e loda Dio, si dà a lui, e, se resta un momento in silenzio, è per ascoltarlo; se Dio cessa di parlare, e lei ripiglia i suoi pii affetti, onde non resta mai oziosa.

1373.   b) Altri obiettano che concentrare a questo modo l'attenzione su un'idea fissa è uno stancarsi la testa ed entrare in eccessiva tensione di mente. Ci sarebbe certo un vero pericolo per chi volesse mettersi a questo genere di orazione prima d'esservisi preparato e mantenervisi a furia di sforzi di testa. Ma è appunto questo che bisogna evitare, dice Bossuet 1373-1: "Bisogna badare di non martoriarsi il capo e neppure di eccitar troppo il cuore; ma prendere con umiltà e semplicità ciò che si presenta allo sguardo dell'anima, senza quegli sforzi violenti che sono più fantastici che reali e profondi; lasciarsi trarre dolcemente a Dio, abbandonandosi al suo spirito". Non si tratta quindi di fare sforzi violenti, ma di assecondar dolcemente i moti della grazia, ed esaurito un pensiero, passare ad un altro, senza volersi ostinare nel primo. Allora l'orazione di semplicità, in cambio di riuscir faticosa, è dolce riposo dell'anima che si abbandona all'azione dello Spirito Santo. Il che del resto si capirà meglio vedendo in che modo si fa questa orazione.

§ III. Modo di fare l'orazione di semplicità.

1374.   1° Della chiamata a questo genere d'orazione. Per fare l'orazione di semplicità in modo abituale, bisogna aver le condizioni indicate per la via unitiva, n. 1296. Se però si tratti di darsi solo di tanto in tanto a questo genere d'orazione, basta sentirvisi attirato dalla grazia di Dio.

Si possono del resto ridurre a due i segni distintivi della chiamata divina a quest'orazione: a) un certo disgusto per l'orazione discorsiva o per la moltiplicità degli affetti, unito al poco profitto che se ne ricava; s'intende che qui parliamo di anime fervorose che si sforzano di meditar bene e non di anime tiepide che vogliono vivere nella mediocrità. b) Una certa propensione a semplificar l'orazione, a fissare lo sguardo su Dio, e tenersi alla sua presenza, unita al profitto che si ricava da questo santo esercizio.

In pratica, quando un direttore vede che un'anima fervorosa sente grande difficoltà a far considerazioni o a moltiplicar gli affetti, è opportuno esporle sommariamente questo modo d'orazione, esortandola a farne la prova e chiedendole poi conto dei risultati ottenuti; se buoni, la consiglierà a continuare.

1375.   2° Dell'orazione in se stessa. Non c'è, propriamente parlando, un dato metodo per questo genere d'orazione, perchè non c'è guari altro da fare che guardare ed amare. Si possono per altro dare alcuni consigli alle anime che vi sono chiamate, onde aiutarle a tenersi alla presenza di Dio. Consigli che saranno proporzionati all'indole, alle disposizioni e ai moti soprannaturali dei penitenti.

a) A quelli che hanno bisogno di fissare i sensi su qualche oggetto pio, si consiglierà di volgere lo sguardo alla croce, al tabernacolo o a qualche pia immagine atta a concentrare il pensiero su Dio. Come ben dice il Curato d'Ars, "non c'è bisogno di parlar molto per pregar bene. Sapendo che il Signore è lì nel santo tabernacolo, gli si apre il cuore e si gode di essere alla santa sua presenza: è la miglior preghiera" 1375-1.

b) Chi ha fantasia viva potrà rappresentarsi una scena evangelica, non nei particolari come per il passato, ma così all'ingrosso, per esempio Nostro Signore nell'Orto degli Ulivi o sul Calvario; poi amorosamente contemplarlo che patisce per noi e ripetere: "Gesù mi amò e si sacrificò per me: dilexit me et tradidit semetipsum pro me1375-2.

1376.   c) Altri amano di riandare adagino un passo della Sacra Scrittura o di qualche pia preghiera, assaporandolo e nutrendosene. È ciò che consiglia S. Ignazio nel secondo modo di pregare n. 993; e l'esperienza mostra che molte anime vengono iniziate all'orazione di semplicità con questo mezzo; conviene allora consigliarle a farsi una raccolta dei più bei testi, di quelli che già assaporarono leggendoli 1376-1, e giovarsene secondo le attrattive dello Spirito Santo.

1377.   d) Alle anime affettuose si consiglierà di fare atti motivati d'amor di Dio, per esempio: "O mio Dio, io vi amo con tutto il cuore, perchè siete la stessa bontà, Deus caritas est, la bellezza infinita..." assaporando a lungo questi pochi pensieri. Oppure rivolgersi a Gesù e pensare ai diritti che ha al nostro amore: "Vi amo, o Gesù, che siete l'amabilità stessa; voi siete il mio Signore e io vi voglio ubbidire; il mio Pastore e io vi voglio seguire e nutrirmi di voi; il mio Dottore e io credo in voi; il mio Redentore e io vi benedico e aderisco a voi; il mio capo e io m'incorporo a voi; il mio più fedele amico e io vi amo sopra ogni cosa e voglio amarvi sempre più". -- Si può anche adoprare il primiero metodo d'orazione lasciato dall'Olier ai suoi discepoli: Gesù davanti agli occhi: "Stiamo in riverenza e rispetto dinanzi a cosa così divina e così santa; e dopo che il nostro cuore si sarà sfogato in amore e lode e in altri doveri, stiamocene per qualche tempo in silenzio dinanzi a lui". Gesù nel cuore: supplicheremo lo Spirito di Gesù a venire nell'anima nostra per renderci conformi a questo divino modello: "Ci daremo a lui per essere da lui posseduti e animati dalla sua virtù; e dopo ce ne staremo un altro poco in silenzio vicino a lui, per lasciarci penetrare dalla divina sua unzione..."; Gesù nelle mani, bramando "che la divina sua volontà si compia in noi, suoi membri, che dobbiamo stare sottomessi al nostro capo e che non dobbiamo avere altro moto che quello datoci da Gesù Cristo, nostra vita e nostro tutto; il quale, riempendoci l'anima del suo Spirito, della sua virtù e della sua forza, deve essere colui che opera in noi e per noi tutto ciò che desidera" 1377-1.

1378.   e) Vi sono anime in cui domina la volontà, che non possono più discorrere nell'orazione, e che, trovandosi per altro in aridità e distrazioni, stentano a trar dal cuore pii affetti. L'orazione semplificata che convien loro è così descritta dal P. Piny 1378-1: "Questa orazione consiste nel voler passare tutto il tempo dell'orazione in amar Dio e amarlo più che noi stessi; nel volervi stare per pregarlo in ispirito di carità; nel volervi rimanere abbandonati alla divina sua volontà... Bisogna notare che l'amore ha questo vantaggio sugli atti della maggior parte delle virtù e sulle altre specie di unione che, se vogliamo amare, noi amiamo; se vogliamo con vera volontà amorosamente unirci alla volontà di Colui che amiamo o che vogliamo amare, con quest'atto di volontà noi subito possediamo questa unione: l'amore infatti non è altro che un atto affettivo della nostra volontà".

1379.   f) In quest'orazione si è esposti alle distrazioni e alle aridità come nell'orazione affettiva. Non c'è che umiliarsene e offrire a Dio la pena che se ne sente, sforzandosi ciò nonostante di starsene alla sua presenza con perfetta rassegnazione alla sua volontà: le distrazioni ben possono impedire che si fissi su Dio la mente ma non la volontà, il cui atto virtualmente persevera nonostante il divagare dell'immaginazione.

1380.   3° Della preparazione e della conclusione. A) Quando si fa l'orazione di semplicità, occorre prepararne l'argomento? Ordinariamente sì. Si sa infatti che S. Francesco di Sales consigliava alla S. Chantal di preparare l'orazione 1380-1: "Io non dico che, quando si è fatta la preparazione e poi nell'orazione si è attratti a questa specie d'orazione (di semplice sguardo), non si debba assecondarla; ma prendere per metodo di non prepararsi, mi riesce un po' duro, come pure il togliersi dalla presenza di Dio senza ringraziamento, senza offerta e senza espressa preghiera. Tutto ciò potrà qualche volta riuscir utile, ma che se ne faccia una regola, confesso che ci ho un po' di ripugnanza". Consiglio molto savio: il preparare un argomento non impedirà allo Spirito Santo di suggerircene un altro, se vuole; e, se non lo crede opportuno, converrà occuparsi dell'argomento preparato.

1381.   B) Questa preparazione inchiude pure la risoluzione da prendere alla fine della meditazione; è certamente meglio specificarne una la sera precedente. Può essere che lo Spirito Santo ne suggerisca un'altra o che porti semplicemente l'anima a darsi a Dio tutta la giornata; ma quella presa da sè avrà pur la sua utilità. Aggiungiamo peraltro che, poichè qui tutto si semplifica, la risoluzione migliore sarà spesso di ripetere la stessa, per esempio, di vivere abitualmente alla presenza di Dio o di non rifiutargli nulla o di far tutto per amore. Vaghe potranno parere queste risoluzioni a chi non fa orazione a questo modo, ma sono invece molto precise per le anime che Dio vi ha condotto, perchè s'incarica poi lui di renderle pratiche colle ispirazioni che darà spesso nella giornata.

§ IV. Relazione tra l'orazione di semplicità e la contemplazione infusa.

Per esporre esattamente la dottrina comune su questo argomento, dimostreremo:

  • 1° che l'orazione di semplicità non è in sostanza, nei suoi inizii, che una contemplazione acquisita;
  • 2° che è ottima disposizione alla contemplazione infusa, in cui anzi talora va a finire.

1382.   1° È una contemplazione. a) Tal era il pensiero di Bossuet, che, descritta quest'orazione, aggiunge: "L'anima dunque, lasciando il ragionamento, si serve di una dolce contemplazione che la tiene tranquilla, attenta e atta a ricevere le operazioni e le impressioni divine che lo Spirito Santo le comunica". E tale è pure la conclusione che nasce dalla natura stessa di quest'orazione paragonata con quella della contemplazione. Questa si definisce, come abbiamo detti al n. 1298, una semplice intuizione della verità; ora l'orazione di semplicità, dice Bossuet, "consiste in una semplice vista, sguardo o attenzione amorosa in sè a qualche oggetto divino"; a ragione quindi viene detta contemplazione.

b) È una contemplazione acquisita, non infusa, almeno al principio, finchè resta debole e intermittente. Allora infatti non dura che pochi minuti e cede il posto ad altri pensieri ed affetti; solo a poco a poco l'anima si abitua a guardare ed amar Dio con una semplice vista di fede, per un tempo un po' più notevole e in modo sintetico, come l'artista contempla un capolavoro di cui ha prima studiato in particolare i diversi elementi. Qui, a quanto pare, vi è un processo psicologico ordinario, il quale, come è chiaro, suppone una fede viva e anche l'opera latente dei doni dello Spirito Santo, ma non uno speciale intervento di Dio, una grazia operante.

1383.   2° L'orazione di semplicità è disposizione favorevole alla contemplazione infusa. Pone infatti l'anima in uno stato che la rende attentissima e docilissima agli impulsi della grazia, facile mobilis a Spiritu Sancto. Quando dunque piacerà alla divina Bontà d'impossessarsi di lei per cagionarvi un raccoglimento più profondo, una vista più semplice, un amore più intenso, entrerà nella seconda fase dell'orazione di semplicità, quale è descritta dal Bossuet nel n. V° del citato opuscolo.

"Dopo non bisogna affannarsi a produrre molti altri atti o disposizioni diverse, ma solo starsene attenti a questa presenza di Dio, esposti ai divini suoi sguardi, continuando così in questa devota attenzione o disposizione finchè Nostro Signore ce ne farà la grazia, senza darsi pensiero di far altro fuori di quello che ci interviene, perchè quest'orazione è un'orazione con Dio solo e un'unione che eminentemente contiene tutte le altre disposizioni particolari, e che dispone l'anima alla passività, vale a dire che Dio diventa il solo padrone del suo interno e che vi opera in modo più particolare dell'ordinario: quanto meno lavora la creatura, tanto più potentemente opera Dio; e poichè l'operazione di Dio è riposo, l'anima gli diviene in qualche modo simile in quest'orazione e vi riceve quindi mirabili effetti"...

Si notino le espressioni che abbiamo sottolineate e che sì chiaramente indicano l'azione potente e speciale di Dio e la passività dell'anima; si tratta qui certo della contemplazione infusa, e l'orazione, cominciata con una certa attività per mezzo d'uno sguardo amoroso su Dio, finisce col riposo o quiete, in cui Dio opera molto più potentemente dell'anima.

1384.   Vi è quindi una certa continuità tra l'orazione affettiva semplificata, che si può acquistare collo spirito di fede, e la quiete, che è orazione infusa causata dai doni dello Spirito Santo con la cooperazione dell'anima. Corre tra l'una e l'altra una differenza essenziale, essendo l'una acquisita e l'altra infusa; ma c'è un vincolo e un ponte, cioè l'orazione di semplicità, che comincia con una semplice vista di fede e termina, quando piaccia a Dio, coll'investimento dell'anima da parte dello Spirito Santo. Dio non è obbligato, è vero, anche quando si è giunti all'orazione di semplicità, a trasformarla in orazione infusa, che resta sempre dono gratuito a cui non possiamo elevarci da noi stessi; ma lo fa spesso quando trova l'anima ben disposta; perchè nulla tanto desidera quanto di unirsi in modo più perfetto alle anime generose che sono risolute a non ricusargli nulla.

 

 

 

 

Contemplazione Infusa


Abbiamo visto la contemplazione acquisita, Dio ci dà la grazia di trovare perfetto lo stare unito a Lui nell'Amore in silenzio. La contemplazione infusa è un enorme passo avanti dove Dio offre anche i Doni dello Spirito Santo, fino anche il suo sentire in noi.

Benedetto IV dice:

Benedetto IV dice "una semplice vista intellettuale, accompagnata da soave amore delle cose divine, che procede da Dio, il quale applica in modo speciale l'intelletto a conoscere e la volontà ad amare le cose divine, e concorre a questi atti coi doni dello Spirito Santo, intelletto e sapienza, illuminando la mente di viva luce e la volontà infiammando d'amore".

Tanquerey nel suo Compendio dice:

"contemplazione infusa è una vista semplice, affettuosa e prolungata di Dio e delle cose divine, che si fa sotto l'influsso dei doni dello Spirito Santo e di una grazia attuale speciale, la quale s'impossessa di noi e ci fa operare più passivamente che attivamente."

 

Esistono due parti in questa contemplazione la parte dell'Anima dell'uomo e quella di Dio.

La Parte di Dio


1. L'iniziativa è tutta di Dio

La contemplazione è un richiamo di Dio soprannaturale come dice Santa Teresa D'Avila. Nessuno sforzo nessuna ricerca è Dio che apre a ciò.

P. Rodrigo Alvarez, spiega così con questa parola: "Chiamo soprannaturale ciò che non si può acquistare nè coll'industria nè collo sforzo, per quanto uno vi si affatichi; sebbene disporvisi, sì, si può, e questo deve importare assai".

San Giovanni della Croce "quello in cui l'anima non fa nulla come da sè e per propria industria, ma Dio opera in lei ed ella se ne sta come passiva".

Saudreau aggiunge: "Non si può entrar in pari modo nell'orazione mistica; per qualunque sforzo si faccia, non vi si arriverà mai, se non si è stati innalzati per favor divino a stato così meritorio"

Quindi l'iniziativa è tutta di Dio.

2. Dio Sceglie tempi e modi

3. Dio opera nell'Anima
Agisce in una parte dell'Anima centrale e la rende illuminata di verità oltre l'intelletto. In quella parte centrale dell'Anima di chi contempla lì c'è Dio.

4. Dio produce nell'Anima Amore e Conoscenza.
Opera in diversi modi facendo sentire il suo Amore, esaltando la necessità di essere Umili, Visioni o Rivelazioni, sperimenta la Beatificazione, sperimenta un'attrazione fortissima verso Dio e il suo Amore e si immerge nell'Amore di Dio.


La parte dell'Anima

L'Anima risponde come un bambino che segue il padre. L'Anima è passiva, governata al punto che preghiera e meditazione risultano difficoltose. L'intelletto stesso viene fermato da Dio verso il "legamento delle facoltà". L'anima diventa gestita da Dio non oziosa ma con molta molta più energia più attiva che mai avviene ciò che è chiamata "grazia operante" a cui l'anima acconsente. Il contatto con Dio non è più solo presenza deduttiva, ma presenza che imprime intuizione. Dio presente, non visibile, ma donatore di favori intuitivi, il sentire il suo sentire, col sentire con il sentire della sua Pace, della Sua Purezza, ecc..

 

Ecco come San Benedetto descrive l'esperienza:

"Il Verbo venne in me (sono stolto a dire queste cose) e più volte venne. Benchè mi abbia visitato spesso, io non potei mai accorgermi del momento preciso in cui giunse. Ma sentii, me ne rammento bene, che c'era. Potei talora presentirne l'arrivo, ma non riuscii mai a sentirne l'entrata o l'uscita. Eppure io conobbi che era vero ciò che avevo letto: che in lui viviamo, ci moviamo e siamo. Beato colui in cui abita, che vive per lui ed è mosso da lui! Ma poichè le sue vie sono impenetrabili, voi mi domandate in che modo io abbia potuto conoscerne la presenza. Essendo egli pieno di vita e di energia, appena è presente mi desta l'anima addormentata; mi muove, ammollisce, ferisce il cuore duro come la selce e molto ammalato; si mette a sradicare e a distruggere, a edificare e a piantare, a innaffiare ciò che è arido, a illuminare ciò che è oscuro, ad aprire ciò che è chiuso, a riscaldare ciò che è freddo, a raddrizzare ciò che è storto, a levigare ciò che è scabro, onde l'anima mia benedice il Signore e tutte le mie potenze lodano il santo suo nome. Entrando dunque in me, lo Sposo divino non fa sentir la sua venuta con segni esterni, col rumor della voce o dei passi; non dai suoi movimenti, non coi miei sensi ne riconosco la presenza, ma, come vi dissi, dal moto del mio cuore; sentendo orrore del peccato e degli affetti carnali, riconosco la potenza della sua grazia; scoprendo e detestando le segrete mie colpe, ammiro la profondità della sua sapienza; riformando la mia vita, sperimento la sua bontà e la sua dolcezza; e il rinnovamento interiore che ne è il frutto mi fa percepire l'incomparabile sua bellezza".

Ecco come l'anima che contempla il Verbo ne sente nello stesso tempo la presenza e l'azione santificatrice.

 

 

 

 

 

 

Antonio Maria Sicari "Cos'è la contemplazione"


La contemplazione è a volte criticata dal mondo teologico cristiano perché il cristianesimo ha inaugurato dal suo nascere la vita attiva in Dio rappresentata con l'incarnazione di Dio che quindi attivamente entra nel mondo. La contemplazione potrebbe far pensare al contrario, al distacco dal mondo all'astrazione. Queste piccole critiche possiamo considerarle infondate anche se è possibile riceve volentieri la spinta alla vita attiva che comunque esiste nella vita contemplativa cristiana. La contemplazione cristiana non può essere attuata secondo la visione di origine platonica di avvicinamento a Dio fine a se stesso, ma è avvicinamento a Dio per una vita attiva.

Maria è colei che ha vissuto la contemplazione in forma sublime. L'unione con Dio è stata tale che ha ospitato nel Suo grembo Dio. Maria "Abitata da Dio" come dice testualmente Antonio Maria Sicari.

 

Mia nota: Il Carmelo, l'ordine carmelitano, di cui Sicari stesso fa parte, è cuore pulsante della preghiera contemplativa. Il nome dell'ordine trae spunto dal Monte Carmelo in Terra Santa dove soggiornarono maestosi profeti ai quali l'ordine si ispira, primo tra tutti l'immenso Elia. Elia è essenza del contemplativo diventato grande taumaturgo narrato nell'affascinante e meraviglioso libro facente parte della Sacra Bibbia. Non ha caso Maria è tradizione associarla anche Lei al Monte Carmelo, Lei espressione massima di unione con Dio quindi di preghiera contemplativa. Quindi già emerge il concetto che associa la contemplazione cristiana alla incarnazione di Dio, ossia di unione tra umanità e Dio.

Monte Carmelo, Elia, Maria sono il fulcro dell'ordine contemplativo carmelitano.

Mia nota: Santa Teresa d'Avila, la riformatrice dell'ordine, è più vicino nel tempo e grande simbolo dell'ordine del Carmelo. I Suoi scritti l'hanno resa Dottore della Chiesa e riferimento riguardo la preghiera contemplativa tanto che la Chiesa Cattolica nel suo Catechismo introduce alla preghiera contemplativa proprio con una frase di Santa Teresa d'Avila cito testualmente: "2709 Che cosa è la preghiera contemplativa? Santa Teresa risponde: « L'orazione mentale, a mio parere, non è che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati »."

Dio è in te.

La Beata Vergine Maria è colei che simboleggia ed è  "l'avere Dio in sè".

L'unione contemplativa con Dio è necessariamente purezza: Maria è nata pura e con l'assistenza di Dio (ricordiamoci che i Suoi genitori Gioacchino ed Anna gia grandi d'età non potendo avere un figlio si rivolsero a Dio per averla e la consacrarono prima della nascita a Dio. Lei ha partorito Gesù da vergine nella completa purezza per opera dello Spirito Santo. Essa stessa nacque a conseguenza di quaranta giorni di eremitaggio in preghiera profonda e digiuno di Gioacchino sul monte andato lì per chiedere a Dio la nascita di Lei).

Maria abituata a conversare con Dio.

La contemplazione cristiana è:

1. Contemplare la natura umana e divina di Gesù (incarnazione)
2. Contemplare l'unione tra uomo e Dio avvenuta attraverso Maria che è Purezza e Umiltà.
3. Contemplare è sentire il movimento di Dio dentro sè. Gesù e Maria rappresentano questo: Dio dentro Sè.

Maria è mistica per essenza ed eccellenza.

La contemplazione è contemplare il legame con il Creatore. La nascita,la procreazione è legame con il Creatore. La crocifissione è morte, ma anch'essa avvine per far nascere l'Amore nell'uomo e salvarlo.

Cosa non fa un contemplativo? Non toglie la parola a Dio.
Occorre Ascoltarlo per confermarsi nel Suo Amore.

(Mia nota: più ti avvicini a Maria alla sua completa Umiltà e Purezza più scopri la bellezza della Sua Dolcezza)

Per esempio se recitiamo la preghiera del "Credo" non dimentichiamoci che è Dio prima di tutto che parla a noi,
(Come quando Gesù chiese a Pietro "Tu mi Ami?").

Egli ci dice "Credi in Me Dio Onnipotente?" ...
Così attraverso la contemplazione diamo la nostra vita umana a Dio... (una forma reale di incarnazione di Dio ad opera nostra).
Se la preghiera fosse solo un dire perderemmo la parola di Dio...

Delle preghiere ce ne sono tante, noi tutti possiamo pregare la stessa preghiera, ma ciò che fa la differenza, ciò che non è interscambiabile è: CIÒ CHE DIO DICE A ME, è la qualità della risposta di Dio".

(Questo apre un grande scenario di relazione con Dio e con la nostra vita nel mondo).

La contemplazione mette in luce un aspetto multidimensionale della relazione profonda con Dio.
Antonio Maria Sicari descrive magistralmente come dobbiamo concepire il matrimonio al fine di far comprendere la profondità di questa relazione con Dio.

Nel matrimonio non è solo che "prendi" una donna o un uomo, ma è Dio creatore dell'Amore che ti rende fiduciario dell'Amore con il quale scambiare una relazione con un'altra Sua preziosa anima, tua consorte.

Questo rende il matrimonio un atto di fortissima responsabilità verso Dio prima ancora che verso il consorte o i futuri figli anch'essi pienamente di Dio, di cui tu sei fiduciario di fronte a Dio.

Anche tuo figlio è prima Suo.

Una responsabilità vera ed enorme. (Mia nota: certo è che se divorzi da questo concreto matrimonio non divorzi dal consorte, ma dal rapporto fiduciario con Dio, è una sorta di responsabilità che incarna Dio in te).

Ecco cos'è la SACRALITÀ del matrimonio, ossia il matrimonio non è di fondamento umano ma divino nell'Amore.

Anche i figli sono l'incarnazione dell'Amore di Dio cioè sono in qual modo l'incarnazione di Dio.

Maria è esempio di responsabile dell'incarnazione di Dio in Lei.
Non vi è nulla di tuo, il tutto è di Dio perché è dell'Amore di cui è Sua essenza.

Se dici: "ma io non so più se credere in Dio" devi aprirti all'ascolto di Dio (se non lo ascolti potresti dubitare che esiste).

Se non c'è la relazione con Dio ma se solo tu parli a Dio il grado di relazione può degradare.

Questo è la contemplazione. E sai che tutto ciò che hai è di Dio.
Maria stessa vedendo cadere Gesù sotto il peso della croce Lui segnato dall'aver subito ogni sorta di tortura e angheria Ella sa che
Gesù sta portando a termine un compito affidatogli da Dio, la redenzione del mondo, la vittoria dell'Amore sul peccato.
Questo preciso sapere e sentire di Maria è "CONTEMPLAZIONE".

Questo è la contemplazione.
Una volta genitori e figli assieme andavano a Messa e i figli allora tornando non dicevano: "basta io a Messa non ci voglio più andare".
Non lo dicevano perché allora quando tutta la famiglia tornava a casa da Messa in casa si respirava un'aria speciale di incontenibile gioia (soprannaturale)
Quella atmosfera di gioia (soprannaturale) è contemplazione.
(L'Eucaristia è incarnazione di Gesù e incarnazione nostra in Gesù da lì quella Pace e quella Gioia soprannaturali).

(La contemplazione è condivisione, incarnazione, unione, sentire di Dio in noi, Dio in noi, ascolto in noi, comunione)

I Santi Carmelitani dicevano:
"Fa di me la Tua incarnazione". È vivere la passione di Gesù è continuità è vivere.
(Mia nota: Nei Getsemani Gesù chiedeva ai suoi state svegli a condividere con mè.... anche questo richiama all'unione che ha evidentemente una rilevanza divina e l'unione si stringe con una azione contemplativa nella sfera del sentire dell'Anima).

Incarnazione è vivere assieme.

 

Sia Lodato Gesù Cristo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Antonio Maria Sicari O.C.D. "Preghiera Contemplativa e il mettersi all'ascolto di Dio"

 

 
 

 

 

 

 

 

 

Santa Teresa D'Avila «Cercati in Me» e «CercaMi in te»

 
«In tal modo poté Amore,
o anima, nel Mio intimo ritrarti
che mai nessun pittore 
potrà meglio immaginarti.
 
Bella, per amor fosti creata,
e nel Mio stesso cuor volli formarti
ché, se per caso, ti perdessi, o amata,
in Me dovrai sempre ritrovarti
 
Ti troverai dipinta nel Mio petto
e così al vivo ti vedrai formata
che in contemplarti tu n'avrai diletto
vedendoti sì bene immaginata.
 
Ma se non sapessi ove cercarMi
non andare vagando inutilmente.
Se veramente tu vorrai trovarMi
in te devi cercarMi alacremente.
 
Tu sei il Castello ov'io dimoro e dove
ti chiamo dal profondo del tuo cuore,
quando ti vedo divagare altrove,
e chiudere la porta dell'amore.
 
Non perdere il tuo centro per cercarMi
ti basterà gridare il Nome mio
che in te verrò, dove potrai trovarMi
senza tardar, per essere il tuo Dio.»
 
Santa Teresa d'Avila
 

 

 

 

 

 

 

 

10. Deuteronomio 6,4-9

[5] Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. [5]Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. [6]Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; [7]li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. [8]Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi [9]e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. 

 
 

 

 

 

 

 

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